In questo periodo mi accorgo che tutto sembra portarmi lontano da me stesso. È come se il disagio, il dolore, le emozioni che emergono bussassero alla porta con l’intento di strapparmi via da casa mia interiore, lasciandomi spaesato, in balia di forze più grandi di me. E quando questo accade, quasi senza accorgermene, scivolo in quelle che chiamo “piacevoli distrazioni”: piccole o grandi fughe dal presente, modi eleganti per non sentire ciò che mi disturba. Un film, uno scroll infinito sul telefono, un impegno rimandato all’infinito… Tutto diventa un modo per non restare, per non guardare dentro.

Ma la verità è che così non risolvo nulla. Al contrario, procrastino l’incontro inevitabile con ciò che ho dentro. Lo sposto un po’ più in là, come si farebbe con una lettera scomoda mai aperta. E ogni volta che rimando, so che quella resa dei conti rischia di diventare ancora più dura, più pesante da affrontare.

L’unica via che intravedo è diversa: non fuggire, ma restare. Non allontanarmi, ma avvicinarmi ancora di più a me stesso. Restare qui, nella sincerità e nella chiarezza, senza scuse, senza inganni. Posso concedermi di sentire, di accogliere ciò che arriva, senza bisogno di coprirlo o mascherarlo.

E qui entra in gioco il respiro. Il respiro non mente, non scappa, non giudica. È una risorsa semplice e al tempo stesso straordinaria, perché mi ancora al presente in modo neutro. Nel respiro non c’è etichetta, non c’è interpretazione. Il dolore è soltanto dolore. La tristezza è soltanto tristezza. La gioia è soltanto gioia. La leggerezza è leggerezza. Tutto appare esattamente per quello che è, senza sovraccarichi mentali, senza storie inventate dalla mente che amplificano o riducono ciò che vivo.

Osservando il respiro mi accorgo che ogni cosa nasce, cresce e termina naturalmente. Un’onda che arriva, si infrange e torna al mare. Non c’è bisogno di trattenere, né di inseguire affannosamente. E in questo processo, anche le emozioni più intense trovano spazio e si trasformano, senza dovermi travolgere.

Ammetto che non è facile. Non lo è affatto, soprattutto ora. Ci sono momenti in cui la tentazione di fuggire è fortissima, e altre volte in cui mi sembra di non avere la forza di reggere quello che arriva. Ma proprio per questo diventa ancora più importante ricordarmi: sto qui, con il mio respiro.

Non ho bisogno di altro. Non devo raggiungere una meta lontana, né inventarmi strategie complicate. È sufficiente esserci. Restare presente a me stesso, nella verità di ciò che sento, un respiro dopo l’altro. Forse la vita non mi chiede di risolvere tutto subito, ma semplicemente di non scappare.

E allora sì: anche se il cuore trema e la mente vacilla, io scelgo di restare. Sto qui. Sto qui con il mio dolore, con la mia fatica, con le mie piccole gioie e con la leggerezza che a volte ritorna.

Sto qui, con il mio respiro!